mercoledì 26 agosto 2015

Sul concetto di vita in rifugio

Il Rifugio Selvata.
L'antica civiltà montanara è un patrimonio da esplorare e condensa in sé valori che spesso la modernità ha cancellato, colpevolmente sostituito o riposto in una polverosa e semidimenticata soffitta. Esplorare la vita di montagna, o quel che ne resta, è un eccellente viatico per ritrovare alcuni degli inestimabili valori che racchiudeva e, talvolta, ancora racchiude.

Come ben descritto nel tempo da saggi e periodici specializzati, si possono distinguere tre fasi della storia recente della vita in montagna. La prima è la civiltà montanara classica: quella della fatica, della povertà e del lavoro manuale che piegava animo e schiena. Scomparsa tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo. La seconda quella, sorta a inizio Novecento e poi rilanciata dopo la Seconda guerra mondiale, del primo turismo alpino. Con la nascita di figure nuove, come la guida alpina, ad accompagnare ad altissime quote rappresentanti di benestanti famiglie o pionieri dell'alpinismo in quota. Infine la terza, quella del turismo di massa e della cementificazione selvaggia dei centri in valle. Le seconde case in altura, gli alberghi figli del gigantismo edificatorio, e l'agosto da tutto esaurito a duemila metri. Dalla secolare detenzione di altissimi valori alla perdita della bussola.

Il Rifugio Laresei
Ritrovare un angolo intatto è oggi molto complesso. Una minima riproduzione di quanto in grossa
parte perduto è rintracciabile nella vita di rifugio. Un'ultima alternativa al turismo di massa in alta quota. E' una concezione diversa, tuttora distante, di soggiorno nell'imperante turismo di massa. Ritrovare parte della pura civiltà della montagna presuppone due imprescindibili condizioni: la preclusione all'arrivo diretto di automobili e la distanza dall'arrivo diretto di impianti di risalita. Un luogo che possa essere privo di accesso diretto di macchine e funivie o seggiovie, specie la sera, è ancora in grado di regalare scorci di inarrivabile purezza. Le esperienze a rifugi come il Vajolet, il Roda di Vael o il Cauriol nei gruppi di Catinaccio e Lagorai oppure Selvata e La Montanara nelle dolomiti del Brenta non lasceranno insensibili gli animi. A patto di essere capaci a rinunciare, o quanto meno mettere in discussione il superfluo e ritrovarsi, per una volta, faccia a faccia con sé stessi.

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